Gapgate – un logo durato 7 giorni ti insegna come (non) trattare i tuoi clienti

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Gap è la principale azienda di abbigliamento degli Usa.

Nata con la nobile missione di portare i jeans ai giovani degli anni ’60 (quando ancora non erano diffusi nel 99,9% dei negozi di abbigliamento), si ingrandisce negli anni fino a diventare proprietaria di altri negozi tra cui Banana Republic e Old Navy.

Contando il resto del mondo, è in pole position dopo Inditex (il gruppo che tra gli altri marchi racchiude Zara) ed H&M.

… e come ogni storia che valga la pena raccontare, c’è un momento di intoppo che porta con sé un’importante lezione per ogni imprenditore e aspirante tale.

Il caso Gap ti darà un esempio lampante delle ripercussioni che può avere ignorare alcuni principi fondamentali di brand positioning.

Il brand positioning è quella cosa che se ti dico “pasta” ti fa venire in mente Barilla e De Cecco, e se ti dico “crociera” ti fa venire in mente Costa e MSC.

È il brand che si è posizionato nella tua testa per un motivo specifico. È quella cosa che nel tempo ti porta a vendere senza sforzi superflui.

«Ah non sono i commerciali che mi fanno vendere?»

Sicuramente una rete vendita che macina a razzo ricopre un ruolo chiave all’interno di qualsiasi organizzazione. Il brand, quando c’è, viene comunque prima (e li aiuta nel loro lavoro).

Se effettivamente questa la domanda ti è venuta o l’hai presa subito in considerazione non appena l’hai letta, molto probabilmente stai commettendo gli stessi errori che a Gap sono costati seguito e soldi. E, probabilmente, neanche ne sei consapevole.

Prim’ancora dei commerciali, è la tua strategia che risiede la potenza di fuoco delle tue vendite. E nella strategia, un ruolo cruciale è a carico del tuo logo.

Questo carico può essere portato come un asino del medioevo si accollava solitario il materiale da costruzione di un castello… o come il principe azzurro che solleva la principessa che è atleticamente corso a salvare.

Dipende da quanto il tuo logo rispecchia questi tre punti, gli stessi che Gap ha preso sottogamba:

  • Il logo rispecchia il tuo brand
  • Il tuo target lo associa a te e lo ricorda
  • Il tuo logo si differenzia dalla concorrenza 

Violare questi principi ha effetti deleteri persino per le più grandi aziende al mondo.

La differenza è che i big hanno capitale per potersi permettere di finanziare tentativi su tentavi di risanamento per mettere pezze agli errori commessi…

… una PMI no.

Dal 1986 al 2010 il logo Gap è stato un rettangolo blu con una scritta bianca, riconosciuto da tutti i clienti Gap e non.

Logo GAP
Il logo GAP originale

Prima che tu ti faccia la fantasia si riproporre un logo con una scritta su uno sfondo colorato perché per Gap ha funzionato, ci tengo a precisare che il motivo per cui questo logo è internazionalmente riconosciuto è che i colossi spendono miliardi in pubblicità.

Con costanza. 

A meno che tu non possa permetterti la stessa strategia, per te vale un’altra regola che vedremo nelle prossime righe.

Nel 2010 le vendite non stavano andando bene da circa 2 anni. Nel tentativo di svoltare la situazione, hanno cercato di generare un’ondata di novità lanciando un nuovo logo.

Un lancio del tutto inaspettato dal pubblico.

Ed ecco che il 4 ottobre 2010 Gap toglie il lenzuolo bianco con una mossa da torero e rivela la sorpresa.

Il restyling del logo GAP nel 2010

… ma non ha sortito l’effetto desiderato.

Diciamo che l’effetto sui fan è stato pari a quello di una millenial milanese aspirante modella Instagram che scarta il regalo di compleanno e trova il cappotto preferito di sua nonna pronto a passare a un’altra generazione portando con sé lo stile (e l’odore) dell’anteguerra.

“Gap” scritto in nero con caratteri Helvetica (il font più diffuso insieme ad Arial e Times New Roman) e un quadratino blu sfumato in alto a destra sulla “p”.

La reazione dei fan è stata lapidaria.

Gap ha commesso un errore che ogni giorno si aggira tenebroso nelle aziende italiane: ignorare il target.

Il logo deve permettere al tuo cliente di riconoscerti immediatamente. Negli ormai 40 anni di presenza sul mercato, Gap era riuscita a creare questa associazione nella testa dei suoi clienti.

È nata parlando a un pubblico specifico e mirava a diffondere un look basic che corrispondeva ai blue jeans e alla t-shirt bianca di cotone.

La pubblicità che l’azienda ha potuto permettersi ha dato un notevole aiuto a rendere il marchio visibile… finché non hanno pensato di cambiare.

Il logo era simbolo di un marchio che nei decenni si era stabilito nel mercato. Ed è stato sostituito con un logo che… ecco… se il micio nero salvato dalla dura vita della strada si sedesse composto davanti al PC usando Power Point, farebbe meglio.

Prima di andare avanti, voglio che tu stampi bene nella tua testa questo assunto: la tua azienda vende se pian piano si posiziona nella testa del tuo cliente per un motivo specifico

Questa presa di posizione è lenta e richiede anni di messaggi coerenti e presenza costante.

Cambiare il problema che ti impegni a risolvere, cambiare il tuo motto, la tua frase di riconoscimento, il tuo logo è un rischio azzardato ed è come ricominciare la scalata per la vetta daccapo.

Insomma, non è una buona idea (a meno che il precedente lavoro sia un disastro, ma questo è un altro discorso).

In questo caso siamo ben lontani dall’idea di “reinventarsi”. Si tratta semplicemente di cancellare tutto con la gomma magica e ricominciare da zero.

L’azienda è stata assalita da una grandinata massiccia di critiche e, per dare voce ai fan che tanto stavano parlando, Gap ha chiesto al pubblico di proporre delle alternative di loro gusto.

Presto fatto… dalla padella alla brace!

Questo tentativo di salvataggio pareva un soccorso al Titanic con le scialuppe della misura giusta per i chihuaua.

Fu talmente una disfatta che l’episodio passa alla storia con il nome di Gapgate.

La richiesta di Gap al proprio target di dare idee gratuitamente è stata da molti interpretata come speculazione.

Far proporre a più persone un logo è una pratica di crowdsourcing: il migliore vince; gli altri hanno lavorato gratis.

Il tono del messaggio sul gruppo Facebook di Gap in cui si chiedeva alle persone di condividere i loro design venne interpretato più o meno così:

«Voi che state parlando tanto fateci vedere cosa sapete fare di meglio».

Insomma, la richiesta è parsa un pelino arrogante.

Arroganza e speculazione sommati stavano facendo sfuggire la situazione di mano. Chiunque cercasse di prenderne le redini si trovava a fare il giocoliere con sguizzanti saponette.

A monte ci sono stati dei principi violati dall’azienda, quelli che abbiamo visto all’inizio dell’articolo.

  • Il logo rispecchia il tuo brand
  • Il tuo target lo associa a te e lo ricorda
  • Il tuo logo si differenzia dalla concorrenza 

Il logo deve comunicare col megafono il tuo brand, chi sei, perché sei diverso. I tuoi clienti devono immediatamente associarti al tuo logo.

Il logo storico era, appunto, storico. 

Rifletteva la semplicità e solidità dei capi sofisticati nella qualità ma facili da indossare allo stesso tempo, ed era ormai riconoscibile per i clienti.

C’era un’identità visiva solida, che è stata spazzata via.

Era una colonna portante, Gap l’ha tolta e l’edificio si è sgretolato come un castello di carte alla prima folata di vento.

Con un’unica mossa, ha spazzato via i punti 1 e 2.

Per quanto riguarda il terzo, la scelta del font è stata molto infelice.

Vediamo perché.

Prendi un qualsiasi PC. Seleziona “Helvetica” come font. Schiaccia le tre lettere sulla tastiera che compongono il nome dell’azienda. 

Magia! Avrai riprodotto il logo:

Ecco il confronto con quello completo:

La semplice scritta in helvetica non differenzia abbastanza il logo GAP

Visto? 

Congratulazioni! Ora anche tu puoi creare loghi!

Helvetica sarà stata una scelta popolare ed efficace negli anni ’60-’70. Forse. Ma nel 2010 ha lo stesso sapore di un pasto a base di riso in bianco senza sale dopo che lo hai mangiato ogni giorno per 40 anni.

Non solo non si è differenziata in nulla, ma si è addirittura lanciata a scopiazzare la concorrenza – che usa un logo scritto in Helvetica.

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Vuoi sapere com’è andata a finire?

Dopo il lancio del crowdsourcing alcuni esecutivi hanno monitorato l’andamento dei commenti sui social e l’11 ottobre hanno annunciato che sarebbero tornati al logo originale.

C’è sicuramente da riconoscere che, dopo una settimana di schiaffi, hanno trovato l’umiltà di riconoscere un errore e tornare sui propri passi.

Solo nel 2016 il logo è stato cambiato: stesso carattere, ma nero su bianco, in giro oggi si vedono entrambi.


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Resta comunque uno dei peggiori casi della rubrica “Come non fare il tuo logo.

Rubrica di cui ti auguro di non far mai parte.

Come puoi starne alla larga e prevenire un disastro di marketing del genere?

Devi fare in modo che il logo comunichi visivamente il tuo brand.

Il tuo lato differenziante.

La tua essenza.

Devi essere efficace nel far sì che il pubblico conosca e riconosca il tuo marchio (a maggior ragione se non puoi permetterti di tappezzare il mondo con il tuo marchio e bombardarlo con tue pubblicità come fanno le big companies).

Riuscire a comunicare tramite il logo il tuo brand è un lavoro di studio e conoscenza della tua azienda, di ricerca del tuo pubblico e di cosa lo attrae.

Il design è la creazione finale. È la punta dell’iceberg che racchiude in un’immagine il lavoro di ricerca fatto a monte.

Gap è caduta nell’errore di ignorare il suo target… ma non è l’unico errore che gli imprenditori pagano a caro prezzo.

Ce ne sono altri che ho racchiuso in una video guida gratuita con i principali sbagli commessi dalle aziende quando si tratta di creare loghi.

Non sprecare neanche un istante e non farti sfuggire l’occasione di metterti al riparo da errori che sono stati letali per molti imprenditori e che magari stai commettendo anche tu.

Compila il form qui sotto e la guida sarà subito nelle tue mani.

Se invece lo hai già fatto e vuoi capire come poter sfoggiare un logo che ti aiuta a vendere in tutti i tuoi materiali di marketing, contattami direttamente cliccando qui!

Buona visione,

Patrizia.

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